Mercuriale, 2020

Gesso ceramico, acquerello
85 x 60 x 1 cm

 

Piani di gesso, piani cartesiani, pennellate lente assorbite dalla materia gessosa, impresse da qui fin’oltre la loro rottura. Le crepe, già sorte o in procinto di venire a galla, si insinuano come fiumi in una Terra asciutta e, creando vuoto, alimentano il respiro insito nelle immagini. Non tagli intenzionali, ma fratture che accadono, talvolta, quando la struttura non ha più la forza di tenere fisicamente unite le parti. Il colore si interrompe in un punto per continuare poco più in là, e l’occhio sapendo colmare i vuoti con l’immaginazione ricorda alla mente la virtualità di ciò che chiamiamo immagine. Quest’ultima esiste indipendentemente dal supporto che la ospita, eppure non potrebbe essere visibile senza di esso. La frattura si interpone come via di mezzo tra l’immagine virtuale e l’immagine fisicamente incarnata in una materia (o corpo, per continuare la metafora umanizzata). Il Piano delle immagini che si susseguono sulle tavolette è trattato in termini sia visivi, cromatici, che concettuali, teorici. Associazioni tra elementi di varia origine a tratti chiare, ma a momenti torbide; difficili da comprendere eppure attivatori di un leggero solletico nella pancia, un prurito negli apparati comunicativi, che distrae dalla speculazione e porta verso una forma di contemplazione. Di nuovo, associazione di immagini che, attraverso il colore, rivelano forme, simboli e domande che appartengono a tempi disparati e si coagulano senza paura in uno spazio a-temporale, o meglio, in uno spazio-tempo che tende all’infinito. La parete cui aderiscono le tavolette è un mezzo, sta nel mezzo, verticale, tra la simbolica piattezza della terra la mutevole aria del cielo.

© 2022 - Matteo Zarbo

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