L’armonia, 2020
Manifattura Tabacchi, Firenze
A cura di Sergio Risaliti
Cosa ne è dell'uomo e della terra, cosa ne è del sacro, armonioso, rapporto con la natura, in un'epoca in cui la tecnologia e l'economia, assieme alle ideologie e ai diversi fanatismi religiosi, sembrano aver separato la sfera del quotidiano e quella del divino, l'umanità dalla natura, la cultura dai miti, la mente dalla sensibilità, pensando il pianeta solo come risorsa da sfruttare e la materia come cosa inerte, aumentando l'inerzia e l'entropia, il ritorno al nulla. Può l'arte ricollegare uomo e natura, spirito e corpo, istinto e cultura, miti e scienze superando l’antropocentrismo e sostituendo il vecchio umanesimo, con la sua ideologia globale dell'uomo centro di tutte le cose, con qualcosa di nuovo, di diversamente umano, in alternativa alla sua supremazia ed egemonia planetaria?
Dopo La cura e La meraviglia, sei giovani artisti in residenza per quattro mesi alla Manifattura Tabacchi, si sono confrontati con una terza magica parola: armonia. Una parola connessa da sempre alla sfera dell'arte, in compagnia di bellezza e perfezione. Come possiamo riposizionare il termine utilizzato dai Pitagorici e da Platone nel contesto attuale, in una fase di crisi planetaria come quella che stiamo vivendo? Ha senso parlare di armonia in un mondo dominato dalle divisioni e dai conflitti, dalle ingiustizie e disuguaglianze? Come possiamo ristabilire armonia tra il progresso umano e la natura? Sembra che l'azione umana vada in senso esattamente contrario. Non tanto verso una nuova ordinata concordanza di diversità e mutevolezza, quanto nella distruzione planetaria di ogni ordine esterno e interno, in una disordinata degenerazione della vita verso la morte, verso quello che Hegel chiamava il "nullificante nulla".
Eppure mai come oggi torniamo a studiare la natura e il cosmo per ammirarne e comprendere le più intime strutture, l'ordine profondo che sembra governare il tutto e le parti. Abbiamo cioè necessità di ristabilire un ordine tra le parti e il tutto, abbiamo necessità di comprensione e condivisione, di una conoscenza olistica, più creativa e artistica che meccanicistica o nichilistica. Vogliamo essere strumenti di armonizzazione in un'epoca di cambiamento, perché ci sia quella svolta che porterà l'uomo a riconnettersi con la natura in una visione creativa e cooperativa dell'evoluzione, secondo la visione del gesuita paleontologo Teilhard de Chardin che sosteneva come «l'evoluzione non fosse orientata nei suoi singoli dettagli da un progetto preesistente, ma che invece nel suo complesso è plasmata in modo da convergere verso uno stadio superiore e finale ancora da raggiungere, chiamato punto Omega», In questo contesto evolutivo, secondo molti studiosi, agiscono tre forze: la differenziazione, l'autopoiesi e la comunione. L'interrelazione complessa di queste tre dinamiche sembra avere un senso ultimo, che si perfeziona nel suo evolversi e mutare creativo. Forse in quest'ottica è ancora possibile parlare di armonia.
(Sergio Risaliti)